Home Apple Test - MacBook Pro 15” con display Retina 2,3 GHz

Test – MacBook Pro 15” con display Retina 2,3 GHz

Da tempo si parlava di un MacBook con schermo Retina, analogo a quello utilizzato negli iPhone 4 e nei nuovi iPad: per questo la presentazione di un nuovo modello di MacBook Pro con display Retina fatta da Tim Cook alla scorsa WWDC non ha in realtà colto di sorpresa nessuno. Eppure, il MacBook Pro con display Retina non solo ha generato un certo clamore anche sulla stampa generalista, ma è andato rapidamente esaurito e i tempi di prenotazione online sono subito passati da 3 giorni a 3-4 settimane di attesa. È un primo successo giustificato?
Ho avuto la possibilità di provarlo per quasi due settimane, utilizzandolo come macchina principale. Ho cioè spostato tutte le mie routine lavorative e di viaggio su questo portatile, abbandonando momentaneamente il MacBook Air 11” del 2011 che utilizzo da poco più di un anno come macchina di default, assieme a un monitor Apple LED Cinema Display da 24 pollici con Mini DisplayPort. Ovviamente la comparazione diretta tra queste due macchine non ha senso. Tuttavia, l’ambizione del nuovo MacBook Pro di essere una macchina professionale in grado di assolvere a praticamente tutti compiti e soddisfare tutte le richieste di un utente avanzato – ad esempio in ambito fotografico, video o multimediale, fino ai programmatori e sviluppatori web – consente in realtà di tracciare una linea. Il nuovo MacBook Pro con display Retina è in grado di adempiere i suoi compiti di macchina principale?

Potenza nel motore
Vediamo cosa ho utilizzato. L’esemplare in prova, fornito da Apple, è il modello base da 2.299 euro con processore Intel i7 quad-core Ivy Bridge 2,3 GHz (Turbo Boost fino a 3,3 GHz) con 6 MB di cache L3 condivisa e con lavorazione a 22 nanometri, doppia scheda video con Intel HD Graphics 4000 e NVIDIA GeForce GT 650M con 1 GB di memoria GDDR5 e switch automatico della grafica, unità SSD da 256 GB, 8 GB di memoria Ram DDR3L a 1.600 MHz su scheda (espandibili a
16 GB) e ovviamente tutte le porte previste per questa nuova macchina: due Thunderbolt, due USB 3.0/2.0, una HDMI, slot SDXC card, porta per cuffie (compatibile con gli auricolari Apple per iPhone con telecomando e microfono) e alimentatore MagSafe 2 da 85W con il nuovo connettore ridotto e non più compatibile con nessuno dei precedenti MacBook (esiste l’adattatore di ridottissime dimensioni, che però non ho provato, venduto a parte da Apple).

Anche se a me sembra una Formula 1, in realtà è la versione base. Questo modello può essere ordinato anche con 16 GB di memoria RAM; il modello superiore, a 2,6 GHz, oltre alla RAM può essere personalizzato nella configurazione built-to-order anche con 768 GB di flash e un processore da 2,7 GHZ (con Turbo Boost fino a 3,7 GHz). Prestazioni comunque che si pagano. Senza contare che l’arrivo del nuovo MacBook Pro con display Retina da 15,4 pollici e l’aggiornamento dei MacBook Pro da 15 e 13 pollici già esistenti segna anche la fine del modello con schermo da 17 pollici e quindi pone un’ulteriore domanda: il nuovo MacBook Pro con lo schermo dotato di una risoluzione così elevata è un sostituto del modello da 17 pollici?
Quella che vi ho fatto finora è una descrizione “per specifiche” di cos’è il nuovo MacBook Pro con display Retina e di dove si posiziona nella matrice di offerta della Apple. Ma prima di dire come funziona, forse è il caso di dire che cosa non è il nuovo MacBook Pro.

L’evoluzione del portatile
Apple avrebbe potuto prendere il suo Pro da 15 pollici esistente, cambiare la scheda video integrata e quella discreta, togliere il lettore DVD e guadagnare spazio addirittura per un secondo drive (mettendo l’SSD come unità di serie e lasciando l’opzione di espansione per un HD tradizionale) o per una batteria più grande che supporti i maggiori consumi dello schermo, e infine sostituire il display esistente con il Retina. Tutto questo non è successo. Il nuovo MacBook Pro non è “solo” un MacBook con display Retina. Èun concetto di computer portatile completamente diverso. In un certo senso, è la realizzazione della promessa che Steve Jobs fece nel 2008 lanciando il primo modello di MacBook Air: i computer del futuro saranno più o meno tutti così. Cioè più sottili e leggeri, dotati solo delle porte ultraveloci strettamente necessarie perché sarà il Wi-Fi a sostituire la necessità della maggior parte di cavi e cavetti. Ancora, i computer del futuro saranno privi di unità ottica, basati su unità di memoria flash super-veloci, con una scocca monoblocco in alluminio, con un’efficienza termica superiore alle generazioni precedenti.

I “vecchi” MacBook Pro usciti a partire dalla fine del 2008 hanno rappresentato una generazione di transizione tra quella idea e l’arrivo alla terra promessa. C’era la scocca unibody, c’erano le innovazioni portate da Thunderbolt e da altre tecnologie, ma tutto sommato il primo, storico PowerBook G4 Titanium del 2001 e le successive serie Aluminium erano già avviate lungo quel cammino. Il MacBook Air è stata la prima, radicale trasformazione dei computer portatili in quella che adesso gli utenti Pc chiamano “Ultrabook”. Il nuovo MacBook Pro con display Retina ne è la definitiva evoluzione: sottile (1,8 cm, cioè un millimetro in più della parte spessa dell’Air e il 25% in meno dei “vecchi” Pro), leggero (2,02 Kg, quanto un MacBook Pro da 13 pollici), essenziale (niente lettore ottico, niente Ethernet, niente FireWire 800), se possibile ancora più solido, compatto, accattivante al tatto.
Apparentemente la novità di questa macchina gira attorno al Retina display, ma come avete visto la realtà è che c’è molto di più. Chi ha avuto l’ardire di aprire i primi esemplari in vendita, ad esempio, ha scoperto che non solo l’interno è organizzato con una densità e al tempo stesso una eleganza nella disposizione delle componenti da superare quanto finora realizzato da Apple (non a caso Phil Schiller ha definito questo “il miglior computer mai prodotto da Apple”), ma che addirittura la sottile barriera tra quel che l’utente può cambiare o anche solo riuscire a fare e quello che invece solo Apple può fare si è spostata ulteriormente e in maniera definitiva. Infatti, con grande scandalo di alcuni, il MacBook Pro con display Retina non ammettepraticamente alcun intervento da parte dell’utente o di centro di riparazione di terze parti. Le batterie sono incollate, le memorie saldate, la flash sigillata. Le parti, anche quando sono removibili, sono comunque proprietarie, sulla falsariga della componentistica del MacBook Air.
E per quanto riguarda lo schermo Retina con il vetro ultra-resistente (e uno strato in meno) e a bassissimo riflesso (il 75% in meno dei tradizionali display “glossy”), l’ingegnerizzazione è talmente avanzata, evoluta e con una integrazione così forte che staccare il display dal vetro o dal pannello posteriore del coperchio è sostanzialmente impossibile. Solo così, d’altro canto, si ottiene non solo un coperchio da 2 millimetri, ma anche un pannello in pratica privo di riflessi e con una tecnologia IPS per la vista laterale al massimo delle sue possibilità.

Un oceano di pixel
Ora che abbiamo capito questo, ci sono un po’ di domande a cui rispondere e sostanzialmente due cose di cui parlare. La prima ha a che fare con il display Retina, che è la novità più appariscente del MacBook Pro e che vale la pena spiegare e mostrare nel dettaglio. La seconda è il comportamento su strada della nuova macchina Apple nel suo complesso.
Cominciamo dal display. Accendere il nuovo MacBook Pro con display Retina è una festa per gli occhi. Lo schermo è luminoso, potente, assolutamente superiore a quanto finora visto su un computer in più di vent’anni di esperienza sul campo. L’ho usato in contesti diversi (in casa, all’aperto, su un paio di treni, in aereo, in aeroporto) e la resa è sempre notevole. Ho letto e scritto, scoprendo che alla definizione standard offerta da Apple i testi visualizzati appaiono come stampati. Ho aperto e modificato foto, sia in iPhoto sia in Aperture, gestendo colore e densità dei dettagli in maniera per me inedita. Ho provato a gestire dei video (non è la mia specialità, lo ammetto) scoprendo che la resa a video è notevole, con quell’effetto di brillantezza e al tempo stesso di definizione che ci si potrebbe aspettare contemporaneamente da un ottimo monitor opaco e da uno lucido. In particolare, stupisce la mancanza di riflessi. In questo momento scrivo su un Frecciarossa che traversa la Pianura padana di mattina e non c’è riflesso di luci interne o del sole estivo dal finestrino che sia in grado di compromettere la visibilità sullo schermo, regolato a metà della luminosità.
Poi, dopo aver apprezzato in maniera quasi zen la bellezza del display, ho iniziato a cambiare risoluzione. Apple ha semplificato il pannello delle Preferenze di Sistema in maniera tale che diventi più intuitivo passare da una risoluzione “Ideale per monitor Retina” a una “In scala”. Apple utilizza qui un “trucco”: i pixel del display sono raggruppati per formare i pixel virtuali della risoluzione che scegliamo. È una modalità definita HiDPI e già usata su iPhone 4 e sul nuovo iPad. In pratica, i pixel fisici aggiuntivi del display Retina non vengono utilizzati per aumentare lo spazio sullo schermo, ma per aumentare la risoluzione dei punti visualizzati. Quindi, in modalità “Ottimale”, la risoluzione è quella di 1.440 x 900 pixel “grassi”, composti ognuno da quattro pixel del display Retina. Se si va “in scala” e si sceglie di avere una delle altre quattro visualizzazioni possibili, è possibile ottenere quello che Apple definisce un “Testo più grande” (cioè una risoluzione di 1.024 x 640) e all’opposto “Più spazio” (cioè una risoluzione di1.920 x 1.200).

Attenzione: è una interfaccia nuova che permette di fare esattamente quel che si è sempre fatto, cioè cambiare la risoluzione del display. Con la differenza che le risoluzione “non native” nei pannelli tradizionali hanno distorsioni e aberrazioni di colore, portando a un effetto spiacevole. Invece, il display Retina è ottimizzato e consente di avere cinque risoluzioni perfette come se fossero native. La risoluzione nativa “totale” di 2.880 x 1.800 non è raggiungibile se non usando software di terze parti.
Io ad esempio ho scaricato e utilizzato un’utility freeware (ce ne sono diverse, sia gratuite sia a pagamento), che consente di impostare direttamente la risoluzione voluta, facendo attenzione che sia 2.880 x 1.800 pixel. Appena passato alla massima risoluzione raggiungibile dal display, appare chiaro il motivo per cui Apple non ha voluto renderla raggiungibile. Un tale numero di pixel in modalità 1:1 (un pixel fisico per ogni pixel software) rende tutto quel che viene mostrato sullo schermo da 15,4 pollici minuscolo e praticamente inutilizzabile. I menu e i comandi dell’interfaccia scompaiono, il mouse diventa impreciso (perché il nostro occhio ha difficoltà a capire esattamente dov’è posizionato) e tutta l’esperienza diventa sostanzialmente sbagliata. Ècome ridurre un monitor da più di 30 pollici (cioè con una diagonale di quasi un metro) a meno della metà (poco più di venti centimetri).
Lo scopo del display Retina non è quello di far vedere 5,1 milioni di pixel, ma di rendere estremamente definiti oggetti in uno spazio virtuale compreso tra gli 1,3 e i 2,3 milioni di pixel, con una densità molto maggiore di pixel fisici sottostanti. Il risultato è che le cose appaiono più definite, nelle icone si possono distinguere dettagli prima invisibili, le immagini appaiono molto più ricche di dettagli e con uno spazio del colore più ampio e ricco.
Il nuovo MacBook Pro con schermo Retina nella mia prova ha dimostrato di non avere in realtà l’ambizione (o la capacità) di sostituire il vecchio MacBook Pro 17. Ma è comunque in grado di fare molte delle cose fatte dal vecchio “Maczilla”, il Godzilla dei MacBook Pro.

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