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Quando il Mac mini fa da server musicale

La spinta iniziale verso questo scenario, ancora provvisorio, è stata ovviamente data dall’iPod e da iTunes Store, oltre che dagli incrementi di capacità di archiviazione degli hard disk. La varietà e la differente portabilità dei formati di compressione e distribuzione, più o meno adeguati alle velocità delle reti, hanno completato il panorama dell’ascolto musicale.

L’ascolto di musica tramite iPod ha però evidenti limiti qualitativi: per sfruttare al massimo la memoria e avere sotto mano una quantità di musica maggiore tra cui scegliere e comporre le proprie playlist si ascoltano file compressi, a grave scapito della qualità sonora della riproduzione. Tanto che, viene da dire, le giovani generazioni faticano a concepire e a immaginare un ascolto che mantenga gli standard qualitativi di qualche anno fa. Non dimentichiamo che l’hi-fi nasce come tentativo di avvicinarsi all’ascolto della musica eseguita dal vivo; ora, invece, si ha a che fare con un processo di perdita della qualità per eccesso di quantità e conseguente necessità di semplificazione dell’ascolto, che pare conformare la produzione stessa della musica e non solo la sua riproduzione. In altre parole, le condizioni in cui avviene l’ascolto della musica influenzano anche la sua produzione: è ciò di cui ci si sta accorgendo con la “loudness war”, la compressione dinamica della musica così funzionale all’ascolto via iPod et similia. Questo tipo di compressione non è da confondersi con quella realizzata dall’algoritmo MPEG, bensì è quella operata a livello di realizzazione del master finale di un album, che consente di far “suonare forte” i CD. Questa operazione distrugge i cosiddetti salti dinamici tra i pianissimo e i fortissimo, così che tutto suoni più forte e tutto si appiattisca verso l’alto. Una musica così consegnata alle orecchie dell’ascoltatore non ha bisogno di alcuna fedeltà, ma solo di spostamenti d’aria sempre più intensi e martellanti (per saperne di più sulla questione, con ricchezza di informazioni, competenza tecnica e taglio divulgativo, basta seguire l’encomiabile lavoro di Lucio Cadeddu su TNT-Audio, www.tnt-audio.com).
Ma lo scenario rappresentato dalla “musica liquida” ha al suo centro non tanto e non solo l’iPod, quanto soprattutto il computer vero e proprio che, almeno sulla carta, è dotato di memorie più capienti e può quindi archiviare anche musica digitalizzata ad alta qualità (FLAC, Wav, APE, AIFF ecc.).

Ecco allora che il computer di casa può diventare una fonte pressoché infinita (con le dovute estensioni) di musica per il nostro impianto hi-fi, mantenendo – e in alcuni casi migliorando sensibilmente – la qualità stessa dell’ascolto. Le soluzioni in questo campo non sono ancora diffusissime, e spesso ancora molto costose e non alla portata di tutti, ma stanno crescendo sempre più in numero e qualità. I diversi modelli Squeezebox di Logitech (www.logitech.com, figura 1) o Sonos (www.sonos.com, distribuito in Italia da Prase, www.prase.it), con i vari aggiornamenti e modifiche, rappresentano solo l’inizio di una trasformazione dell’ascolto musicale di cui non sono ancora definiti i confini e la tendenza, né tantomeno il punto di arrivo.

Altre soluzioni, come i Server Music Multi-Room di Olive (www.olive.us, distribuzione italiana di Audiogamma, www.audiogamma.it) non richiedono nemmeno un computer: sono sofisticate ma anche costose e non alla portata di tutte le abitazioni. Di certo rappresentano il primo tentativo di unificare la musica digitale in un unico dispositivo, dal quale il resto della catena di riproduzione della musica dovrebbe attingere come sorgente principale, se non esclusiva, relegando tutti gli altri supporti a una condizione seconda e residuale.

Marchi prestigiosi del mercato hi-fi hanno compreso le potenzialità di questi scenari e stanno proponendo soluzioni analoghe, che coniugano tecnologie di derivazione informatica a qualità sonora e costruttiva tipica della produzione hi-end. Facciamo gli esempi di Naim Audio (www.naim-audio.com, distribuito in Italia da Au deus, www.audeus.it) e Linn (www.linnitalia.it), per citare due marchi le cui soluzioni avremo modo di approfondire nel prossimo futuro sulle pagine di Applicando.
Su questo terreno anche il mondo della Mela, come spesso accade, possiede qualche freccia nel suo arco. Il Mac mini, tanto per non girarci intorno, rappresenta un’ottima occasione per sperimentare da subito e senza troppa spesa cosa davvero significa “musica liquida”. Del suo utilizzo in situazioni particolari, magari per svolgere un solo compito specializzato, qua e là se ne è già parlato. La nostra esperienza riguarda il suo impiego come server specializzato in musica ed è abbastanza significativa e facilmente aggiornabile, via via che nuovi prodotti e dispositivi si affacceranno sul mercato.

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