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Mai più polvere sui sensori

Disporre di una fotocamera con obiettivi intercambiabili è una caratteristica irrinunciabile per molti fotografi, ma ogni volta che si toglie l’obiettivo, il rischio che qualche granello di polvere vada a infilarsi nel corpo della reflex è in agguato. Il risultato sono delle piccole macchie dai contorni sfumati ben visibili nelle aree di colore uniforme, che spesso richiedono laboriosi interventi di ritocco. Per ovviare a problemi di questo tipo, i fabbricanti di reflex digitali si sono inventati diversi accorgimenti.

Per esempio, Olympus utilizza un generatore di ultrasuoni che fa vibrare una sottile pellicola posta di fronte al sensore, causando così il distaccamento della polvere che viene raccolta da una superficie adesiva. Anche alcuni modelli recenti della Canon sono equipaggiati con un sistema analogo. Una soluzione simile è adottata da Sony e Pentax, che però fanno vibrare tutto il sensore con una frequenza molto più bassa. I sensori della Sony sono poi rivestiti con una speciale pellicola che riduce l’accumulo di cariche elettrostatiche, principale causa del depositarsi della polvere sul sensore.

Tutti questi sistemi hanno il difetto di lasciare la polvere all’interno della fotocamera, sempre pronta a posarsi nuovamente sul sensore. Inoltre, sono inefficaci nel caso in cui la polvere aderisca al sensore, situazione che si può presentare nel caso di formazione di condensa all’interno dell’apparecchio, fenomeno abbastanza frequente quando si passa da un ambiente molto freddo a un locale riscaldato. L’eliminazione di questo tipo di polvere richiede una sorta di lavaggio del sensore con appositi liquidi detergenti. Per accedere al sensore, è necessario sollevare lo specchio, utilizzando l’apposita opzione solitamente presente nel menu delle impostazioni della fotocamera.

Attenti a soffiare
Quando ci si accorge della presenza di qualche granellino di polvere, la prima cosa che si è tentati di fare è cercare di soffiarla via. In nessun caso bisogna farlo con la bocca: l’umidità contenuta nel cavo orale rischia di peggiorare parecchio la situazione. Analogamente, le bombolette di aria compressa possono contenere piccole percentuali di impurità e sono preferibili gli speciali erogatori con cartucce contenenti anidride carbonica.

Un’alternativa economica, ma altrettanto valida, sono i soffietti per l’aria del tipo di quelli utilizzati per le ottiche. Una soffiata può essere sufficiente per risolvere il problema, almeno temporaneamente, poiché anche in questo caso la polvere rischia di restare all’interno dell’apparecchio. Se l’intervento non produce il risultato voluto, si deve ricorrere a un kit specifico per la pulizia dei sensori, come quelli della Visibile Dust, distribuiti in Italia da Bogen Imaging. Visibile Dust propone due serie di kit, Arctic Butterfly per la pulizia a secco e quelli composti da spatole e liquidi detergenti per la pulizia a umido.

I primi sono costituiti da un pennello con setole di uno speciale materiale e sfruttano proprio l’elettricità statica per attirare la polvere, che resta intrappolata tra le setole . L’impugnatura dell’Arctic Butterfly contiene al suo interno un piccolo motore che fa ruotare velocemente il pennello: l’urto delle setole con le molecole dell’aria provoca l’accumulo di una carica elettrica. Dopo aver fatto ruotare il pennello per una quindicina di secondi, si spegne il motore e si passa delicatamente il pennello sulla superficie del sensore. Se necessario, l’operazione può essere ripetuta. Per i granelli più refrattari, si può provare con lievi tocchi, evitando comunque di esercitare una pressione eccessiva.

Per controllare il successo dell’operazione ci si può servire di una lente a forte ingrandimento: Visibile Dust propone uno speciale lentino dotato di led che si dimostra molto valido . La prova del nove è il cosiddetto test a f/22: si imposta questo valore di diaframma e si fotografa una superficie bianca. La fotografia così ottenuta va osservata ingrandendo i pixel al rapporto 1:1. Se non c’è più traccia di polvere, il lavoro è terminato. In caso contrario, ci si rimbocca le maniche e si passa alle grandi pulizie. Un’avvertenza doverosa: la procedura non è particolarmente difficile, ma il rischio di provocare danni gravi è comunque presente.

Lavaggi delicati
I kit per la pulizia a umido della Visible Dust consistono in speciali spatole di plastica, rivestite da una guaina di materiale assorbente sul quale si deposita il detergente. Le spatole sono disponibili in diverse dimensioni e la loro larghezza corrisponde a quella dei sensori. Dopo aver inumidito la spatola con un paio di gocce di liquido detergente , la si passa da parte a parte sulla superficie del sensore, esercitando una leggera pressione. I detergenti consigliati da Visible Dust sono a base d’acqua ed è quindi necessario attendere qualche secondo per la completa asciugatura. L’operazione può essere ripetuta usando il lato opposto della spatola e con un movimento inverso sul sensore.

Visible Dust propone tre tipi di liquidi con diverso potere detergente e azione antistatica, ma sempre a base d’acqua. Con lo sporco più resistente, in particolare per rimuovere residui oleosi, si può ricorrere all’alcool metilico (metanolo) o isopropilico, che hanno il vantaggio di evaporare più rapidamente. I detergenti a base alcolica possono però danneggiare alcuni tipi di materie plastiche ed è quindi opportuno evitare il contatto con altri componenti delle fotocamere, in particolare il vetrino di messa a fuoco.

I prezzi del’offerta Visible Dust variano da circa 80 euro per i kit di lavaggio a circa 180 euro per quelli a secco.

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