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Una vita “social” in palmo di mano con l’iPhone

Qualche anno fa con l’esplosione del fenomeno social network, all’epoca concentrato intorno a Facebook e poco più, c’era chi prevedeva ore di lavoro perse davanti ai monitor digitando aggiornamenti di stato e commenti sulle tastiere dei computer di casa e degli uffici. All’inizio può essere stato davvero così, ma la vera dinamica delle reti sociali adesso è legata all’uso in mobilità: le persone vogliono raccontare le loro esperienze, documentandole in ogni modo, mentre le stanno vivendo, non a qualche ora di distanza quando hanno il tempo e il modo di mettersi davanti a un computer.
La chiave di tutto è stata rappresentata ovviamente dagli smartphone e dallo sviluppo delle applicazioni mobili. Oggi chi ha un telefonino “intelligente” in tasca, meglio ovviamente se è un iPhone, ha a disposizione piccoli software dedicati che presentano il meglio di un social network, eliminando gli elementi di disturbo (pensiamo alle inserzioni pubblicitarie di Facebook) e concentrando l’attenzione sui contenuti: post, fotografie, tweet, video e quant’altro riguardi il singolo network.

Dato però che di social network non ce n’è più uno solo ma se ne sono sviluppati tanti, e mai così simili fra loro da sovrapporsi e quindi elidersi a vicenda, il problema del possessore di iPhone davvero “social” è quello di comunicare con il maggior numero dei suoi contatti senza passare da un’App all’altra, rischiando – e per alcuni è già così, basta guardarsi attorno – di non godersi appieno ciò che fa per la preoccupazione di volerlo raccontare. Per evitare questo problema ci vogliono innanzitutto le giuste applicazioni: l’obiettivo non è comunicare lo stesso messaggio sul maggior numero di piattaforme usando le loro App proprietarie, ma focalizzarsi su quelle che permettono di caricare contenuti su più social network tra quelli che ci interessano. Serve poi anche un po’ di organizzazione, specie se vogliamo che il nostro messaggio raggiunga il maggior numero di persone: non è affatto detto che il medesimo stile di “scrittura” (in senso lato) sia adatto a tutte le reti sociali.

Facebook, “il” social network
Se ciò che ci interessa è comunicare con le parole, quindi ci limitiamo quasi sempre al solo testo, i social network di riferimento sono ovviamente Facebook e Twitter. Sono talmente diversi fra loro che molte persone non li utilizzano entrambi, o comunque non con la stessa frequenza, preferendo nettamente postare contenuti sul primo o sul secondo. Facebook di solito viene preferito da chi vuole avere una certa sicurezza che i propri messaggi non saranno visti da perfetti sconosciuti, perché il meccanismo delle richieste di “amicizia” da approvare esplicitamente, unito ad alcune funzioni di filtro da configurare quando si crea un nuovo post, aiuta a garantire una certa riservatezza. In realtà il livello di privacy offerto da Facebook rappresenta sempre un argomento delicato, sia perché le impostazioni standard del social network ogni tanto cambiano e non sempre lo fanno verso una maggiore riservatezza dei contenuti, sia perché non tutti sono così attenti e scrupolosi da configurare in maniera ottimale le opzioni – che pure ci sono – legate proprio alla privacy. In generale su Facebook, come su qualsiasi altro social network, vale sempre una vecchia regola di buon senso: consideriamo ciò che stiamo per postare (parole, immagini, video, eccetera) come del tutto pubblico, se la cosa non ci lascia tranquilli vuol dire che è meglio usare un mezzo di comunicazione diverso. C’è un motivo per cui anche sui social network ci sono i messaggi privati, in fondo.

Dal punto di vista software, al momento l’App più indicata per Facebook è ancora quella ufficiale, gratuita, che da qualche versione riesce anche a visualizzare i contenuti del network con una velocità maggiore delle prime deludenti release. Anzi, l’App permette di consultare Facebook nei suoi contenuti essenziali (i post, innanzitutto) senza essere distratti dagli altri contenuti accessori, dalle applicazioni ai messaggi pubblicitari, che invece sono ben evidenti usando un browser. Ciò non vuol dire che l’App sia limitata, basta far scorrere verso destra il pannello principale per raggiungere quasi tutti i contenuti a cui accediamo normalmente via browser. Ci sono altre App client per Facebook, ma specie sull’iPhone non aggiungono particolari comodità o funzioni rilevanti.

Data la struttura della rete sociale che si forma su Facebook – gli “amici” sono ben identificati, il rapporto è paritario e biunivoco – non ci sono grandi regole di scrittura da seguire a meno che non usiamo il network per scopi professionali. Giusto tre consigli di massima, oltretutto discutibili: i post brevi sono più apprezzati di quelli lunghi, a meno che non ci sia effettivamente molto da raccontare; i contenuti originali (ciò che abbiamo davvero da esprimere noi) sono meglio dei rilanci di altri, anche se ci sono sempre le eccezioni; far girare vignette, foto “motivazionali”, catene di Sant’Antonio digitali e contenuti simili è un ottimo modo per farsi ignorare, non fosse altro perché i nostri amici avranno nella propria timeline quegli stessi contenuti ripetuti più volte.
Per caricare un post di Facebook dall’iPhone basta portarsi in “cima” alla timeline, dove appaiono i tre pulsantini Stato, Foto e Registrati.

Tutti portano alla fine nella sezione di composizione di un post, si differenziano perché con Stato ci si arriva direttamente, mentre Foto e Registrati fanno prima impostare un elemento aggiuntivo al post (una fotografia o un luogo). Questa operazione comunque si può sempre compiere dalla sezione generica di scrittura dei post, toccando la seconda e la terza icona in basso a sinistra, ossia quelle con il simbolo di un marcatore da mappa e di una fotocamera. Più a sinistra ancora c’è una terza icona (un profilo con un segno +) che permette di associare al post l’indicazione dei nostri amici di Facebook con cui ci troviamo al momento in cui scriviamo. La stessa cosa indirettamente si può fare se postiamo un’immagine, taggando su di essa (basta toccarla) gli amici voluti. Attenzione: non è affatto detto che tutti apprezzino questo tipo di segnalazioni. Infine, l’ultima icona a destra (il globo terrestre, di solito) porta a un elenco di opzioni che consente di impostare chi potrà vedere il post che stiamo caricando: da chiunque (Pubblica) a nessuno (Solo io) passando per altre impostazioni intermedie.

Twitter, semplice ma variegato
Per chi preferisce a Facebook i “cinguettii” di Twitter la situazione è allo stesso tempo più semplice e più variegata. Più semplice perché il tweet è un mezzo di espressione essenziale da 140 caratteri al massimo, che premia chi ha il dono della sintesi; più variegata perché la dinamica di Twitter richiede una composizione del nostro tweet un po’ curata se non vogliamo che si perda subito nel grande mare di tutti gli altri. Variegato è anche il panorama delle App compatibili con Twitter. Quella ufficiale  non piace agli utenti più smaliziati per la scelta di presentare, nella schermata principale, una successione di tweet i cui elementi attivi (account, hashtag, link…) non sono accessibili direttamente ma solo dopo aver toccato il singolo tweet. Sull’altro piatto della bilancia va messo che quella ufficiale è l’unica App a mostrare in modo semplice tutte le interazioni che riguardano noi e i nostri tweet: non solo chi ci ha citato (le menzioni) ma anche  chi ha iniziato a seguirci, chi ci ha ritwittato e chi ha inserito un nostro tweet fra i suoi Preferiti (chi ci ha “stellinato”, se vogliamo usare un neologismo gergale). Altre App mostrano queste informazioni, e non tutte, con procedure più complesse di un semplice tocco sullo schermo. Dovendo scegliere, l’applicazione alternativa che ci sembra sempre più convincente è Tweetbot : è a pagamento ma risulta più prestante per chi fa un uso intenso di Twitter, perché mette quasi immediatamente sotto la punta del nostro dito diverse funzioni e informazioni che nell’App ufficiale restano più nascoste (un esempio in figura).

In ogni caso è meglio mantenere sul proprio iPhone un client Twitter alternativo a quello ufficiale, che per motivi mai chiariti ha saltuariamente il difetto di non riuscire a postare anche quando altre App funzionano senza problemi.
Per raggiungere la sezione di scrittura dei tweet si tocca l’icona con il simbolo di una penna o una matita che tutte le App pongono in alto a destra. Nello scrivere per Twitter non bisogna dimenticare i suoi principi “social” di fondo: chiunque può diventare nostro follower e quindi leggere ciò che scriviamo o mostriamo; è normale che una persona segua diverse centinaia di account (il limite teorico è duemila, lo si può superare a seconda del rapporto tra quanti ci seguono e quanti seguiamo). La conseguenza è che il nostro tweet sarà uno delle centinaia, se non migliaia, di cinguettii che i nostri follower hanno nella propria timeline in un dato momento: la probabilità che vada ignorato è quindi molto elevata, a meno che non abbiamo follower molto attenti e fedeli. L’unica cosa da fare è renderlo rintracciabile utilizzando degli hashtag, ossia termini chiave preceduti dal simbolo diesis, come in #apple o #mac. Su Twitter si effettuano soprattutto ricerche in base agli hashtag, che sono molto più efficaci di quelle su termini generici, quindi più ne usiamo più in teoria ciò che abbiamo scritto ha possibilità di essere rintracciato in seguito. Dipende anche dalla popolarità degli hashtag che usiamo: ci sono i sempreverdi ricorrenti come #FF di Follow Friday (i consigli su chi seguire, postati per abitudine di venerdì); gli hashtag creati ad hoc per iniziative particolari, come #xf6 legato alla sesta edizione di X-Factor e che aveva picchi di utilizzo nelle serate della trasmissione; hashtag legati a trend che durano qualche giorno se non qualche ora, spesso legati a fatti di cronaca; altri che sono relativi a termini di interesse particolare ma diffuso nel tempo, come può essere proprio il caso di #apple.

Quasi tutte le App per Twitter su iPhone semplificano la scrittura degli hashtag richiamando automaticamente, non appena digitiamo # o tocchiamo una qualche icona a forma di etichetta, quelli più in voga al momento o quelli che abbiamo già usato, raffinando la selezione man mano che scriviamo . Questo per comodità, ma anche per assicurare che un certo hashtag venga scritto in maniera corretta e quindi il tweet non si perda per un errore di digitazione. Teniamo conto che abbiamo sempre un limite di 140 caratteri, quindi usiamo gli hashtag in maniera mirata e, se serve per risparmiare caratteri, come elementi della frase e non come appendici: “#apple ha presentato il nuovo #imac” in una frase occupa meno spazio di “ecco il nuovo desktop di Cupertino #apple #imac”.
Un tweet può anche contenere una o più menzioni di altri utenti, che non necessariamente devono essere tra quelli che seguiamo o che ci seguono. Un caso particolare di menzione è una nostra risposta a un precedente tweet che ci menzionava, risposta che si genera toccando l’apposito pulsantino di replica e che è nella forma “@altroutente testo di risposta”. La dinamica delle menzioni/risposte in Twitter non è immediata e se ne deve tenere conto se stiamo cercando di ampliare l’ambito di un nostro scambio di tweet per coinvolgere anche altri utenti. La cosa più importante da sapere è che se stiamo rispondendo ad @altroutente, la nostra risposta sarà visibile solo nella timeline sua e di chi segue entrambi (noi e lui). Se vogliamo che sia visibile a tutti i nostri follower possiamo far precedere il destinatario da un punto (.@altroutente), trasformando la risposta in una menzione generica. Infine, se menzioniamo in un tweet (o rispondiamo a) qualcuno che non ci segue, questi non vedrà il nostro tweet nella sua timeline ma solo nell’elenco delle sue menzioni, che di solito si consulta meno spesso.

Un problema di integrazione
Per molti di noi il problema non sta tanto nell’usare comodamente Facebook o Twitter, ma nell’utilizzarli entrambi senza impiegare due applicazioni diverse. Estendendo il problema, questo può coinvolgere anche altri social network relativamente meno popolari, ad esempio Google+, o in cui l’attività “social” si esprime relativamente poco nella scrittura, come il professionale Linkedin. Ciò che serve è in sostanza un’App che faccia da client multiplo, in grado di interfacciarsi con più reti sociali e di caricare uno stesso contenuto su di esse. La cosa è meno banale di quanto sembri: un’App del genere tecnicamente non è complicata, ma non è semplice da mantenere sempre aggiornata e ben funzionante, perché il vizio dei social network è quello di cambiare ogni tanto le carte in tavola ai programmatori dei client indipendenti, modificando o talvolta eliminando determinate funzioni. Dietro un’App “universale” ci vuole quindi un impegno deciso e anche una certa forza di mercato che gli sviluppatori indipendenti raramente hanno, prova ne è il fatto che di client multipli ce ne sono stati tanti sull’App Store ma pochi sono sopravvissuti.

Oggi la scelta migliore è HootSuite, che poggia su una base di 3-4 milioni di utenti e sul fatto di essere stata sviluppata come elemento “mobile” di un servizio destinato in primo luogo a chi gestisce i social network per professione. Il servizio è a pagamento, e da questo la software house di HootSuite trae capitale, ma a noi utenti più semplici basta la versione base del servizio, che è gratuita (la registrazione è comunque obbligatoria) e limitata al collegamento di cinque social network. Questo limite vale per l’interfaccia web del servizio, l’App in sé permette la connessione a Twitter, Facebook (sia per gli account sia per la gestione di pagine specifiche), Linkedin e Foursquare. Tra i principali social network manca quindi l’aggancio a Google+, che è possibile solo usando HootSuite via web.

Per quanto riguarda l’uso, l’App di HootSuite divide i contenuti provenienti dai social network in “colonne” ( nella pratica sono poi schermate dell’iPhone): cinque dedicate a Twitter e una ciascuno agli altri social network. Di Facebook si vede solo la sequenza delle “notizie” postate dai nostri contatti, quindi la latitudine di manovra è inferiore rispetto a quella dell’App nativa. Il punto forte di HootSuite sta nella condivisione di un singolo post su più network: nella sezione di scrittura basta dare un segno di spunta agli account da usare e il gioco è fatto. Chiaramente nella scrittura si deve adottare un ibrido tra lo stile di Twitter e quello di Facebook, restando nel limite dei 140 caratteri come per il primo però senza abbondare in hashtag che sarebbero inutili nel secondo. Anche HootSuite prevede le classiche opzioni per associare a un tweet/post immagini o coordinate geografiche, molto più utile è la possibilità di programmare la pubblicazione del tweet/post, indicando con precisione data e ora del caricamento, che dev’essere posticipato di almeno dieci minuti.

Un’alternativa più creativa all’uso di HootSuite è passare attraverso Path. Path è un social network da iPhone di cui ci siamo già occupati su queste pagine, caratterizzato da una notevole attenzione alla grafica della sua App client  e dal presupposto che non ha senso avere più di 150 contatti perché oltre questa soglia non si riesce a seguirli davvero. Stavolta però quello che ci interessa di Path è che il suo client ufficiale non è settario come quelli degli altri network e prevede in maniera specifica le opzioni per postare uno stesso contenuto, oltre che su Path, anche su Twitter, Facebook, Foursquare e Tumblr.

Chi preferisce giocare con una pseudo-programmazione può usare If This Then That, un servizio web che prevede la creazione di macro (in gergo “recipe”, ricette) collegate a vari altri servizi web tra cui diversi social network. In sintesi, ifttt.com monitora periodicamente le nostre azioni sui social network che abbiamo collegato e in base a queste reagisce come indicato nelle recipe attive. Attualmente è possibile definire una macro che reagisca a un nostro post di Facebook e lo replichi come tweet su Twitter. Sarebbe più logico l’opposto e infatti sino a qualche tempo fa la creazione di un tweet era uno dei “trigger” previsti da ifttt.com, ma al momento non è più così.

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