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DQuid, Internet delle Cose made in Italy

StefanoMarzaniEsistono anche in Italia realtà che si occupano di portare intelligenza e connettività negli oggetti, per applicazioni di Internet delle Cose. Una di queste è DQuid, una giovane azienda italiana, per la precisione di Reggio Emilia, che, nata nel 2011 come corporate start-up di RE:Lab, è ora una società indipendente e ha stretto di recente un accordo con Graphiland per la commercializzazione delle soluzioni DQuid IO in Italia. DQuid IO è una linea hardware basata sulla tecnologia DQuid che serve proprio a trasformare un oggetto d’uso quotidiano come un elettrodomestico in un dispositivo intelligente in grado di interagire con device esterni tramite app sviluppate appositamente, di connettersi a Internet per comunicare con utenti e altri oggetti, di “percepire” l’ambiente con l’ausilio di sensori dedicati. DQuid IO si basa sull’approccio “Plug, Tag & Share” adottato dall’azienda italiana, dove per fase Plug si intende il potenziamento dell’oggetto per farlo diventare “intelligente”, la fase Tag assegna un’identità digitale all’oggetto stesso, dotata di proprietà e metodi che gli sviluppatori definiscono e con i quali interagiscono mediante l’SDK (il kit di sviluppo fornito da DQuid), e la fase Share è quella di condivisione con la community su Internet.

Secondo la visione dell’azienda, con questa tecnologia si può fare in modo che qualsiasi oggetto, da una lavatrice a un tostapane, possa essere controllato mediante un’app sviluppata con l’ausilio dell’SDK e comunicare in Rete. Il kit di sviluppo consente di interfacciarsi a tutti gli oggetti “potenziati” tramite un unico framework e senza quindi dover imparare e implementare tanti linguaggi e tecnologie diverse. La piattaforma DQuid IO è indirizzata alla prototipazione e alla connessione a Internet di oggetti (quali gli elettrodomestici) nativamente sconnessi. Parliamo di piattaforma e non di singolo prodotto perché, oltre alla scheda hardware DQuid IO, Graphiland commercializza anche il DQuid IO Development kit, che offre una serie di sensori, quali quello di prossimità, di temperatura e altri componenti per rendere l’oggetto interfacciabile a un sistema digitale. Per gestire poi tale comunicazione tra l’oggetto potenziato e il dispositivo digitale, è disponibile per gli sviluppatori il DQuid SDK, che è compatibile con iOS e Android e che contiene le API e un’app di test.
Abbiamo rivolto al team di DQuid alcune domande relative alla piattaforma da loro sviluppata e in generale all’Internet delle Cose.

Come nasce il progetto DQuid e di quante persone, e con quali competenze, è costituita l’azienda?
DQuid nasce nel 2012 come spin-off di RE:Lab, un’azienda che si occupa di servizi di sviluppo di sistemi di interazione uomo-macchina. Dopo aver lavorato dal 2004 a oggi per interfacciare tante “macchine” (a partire dalle automobili, passando per i trattori, gli scooter, gli elettrodomestici, gli elicotteri e chi più ne ha più ne metta) abbiamo messo a frutto queste competenze trasformandole in una piattaforma di prodotto, DQuid. DQuid come idea nasce nel 2009, con il primo brevetto sulla connessione tra smartphone e veicoli. Il team DQuid è composto da una quindicina di persone, tra ingegneri elettronici e informatici.

Qual è la vostra visione del concetto di Internet delle Cose e quali opportunità vedete profilarsi da questi scenari, sia per le aziende in termini di business sia per gli utenti in termini pratici nella vita quotidiana?
Per noi Internet delle Cose significa contenuti digitali connessi (principalmente erogati tramite un dispositivo mobile e sue app), adattati al contesto e con al centro l’utente e i suoi bisogni. Si parla spesso di Internet of Things come sistema di raccolta dati o connessione solamente tra gli oggetti. Secondo noi invece lo stato dell’arte è Apple CarPlay. Apple ha introdotto una grandissima innovazione: i dati scambiati tra un’automobile e lo smartphone vengono usati dallo smartphone per elaborare una interfaccia, proiettata sul display di un’automobile, contestualizzata con il compito di guida. È un sistema rispettoso dei vincoli e dei bisogni dell’utente che in linea di principio può essere esteso a tutti gli ambiti della vita di una persona. Partendo da ciò che fa: in casa la mattina, in auto verso l’ufficio, nell’ambiente di lavoro, di nuovo in auto, in palestra e così via. Il potenziale per le aziende è enorme e parte da una rivisitazione completa della loro value chain, che deve essere dotata di una piattaforma digitale aperta per erogare tutta una serie di nuovi servizi. Inoltre: non crediamo affatto che IoT sia un problema di tecnologia. Al contrario: è un problema di ecosistema, di creatività e di rimettere l’utente al centro dei propri oggetti. Troppo spesso oggi IoT usa tecnologia fine a se stessa: a questo ci opponiamo con forza; noi vogliamo invece dare ai nostri clienti le migliori tecnologie IoT per focalizzarsi sui valori utente.

La tecnologia DQuid è completamente proprietaria e sviluppata da voi? La vostra piattaforma copre a 360 gradi l’ambito a cui si rivolge, con prodotti hardware, strumenti software e servizi server: il know how è tutto interno o vi appoggiate anche a partnership con aziende esterne?
Sì, la tecnologia DQuid è proprietaria e sviluppata internamente. Siamo però continuamente alla ricerca di partner: integratori, che possano prendere i nostri asset tecnologici e portarli sui prodotti dei clienti, e sviluppatori di applicazioni che, usando il nostro Software Developer Kit per iOS e Android, oltre alle nostre API server, possano collaborare per creare nuovi contenuti connessi.

DQuidIO scheda
La scheda DQuid IO

Parlateci della vostra piattaforma. Come funziona e in che modo supporta sviluppatori e costruttori nel rendere “intelligenti” e connettere in Rete gli oggetti d’uso quotidiano?
DQuid affronta l’Internet of Things partendo dalla constatazione che viviamo in una babele di oggetti. Ogni oggetto parla un suo linguaggio proprietario: il CAN per l’auto, linea K per gli scooter, ISOBUS per i trattori, analogici e digitali su molti piccoli elettrodomestici e così via. Non è pensabile per gli sviluppatori di applicazioni imparare questi linguaggi uno per uno. DQuid risolve questa complessità fornendo ai suoi clienti tecnologie hardware (in open hardware) e software embedded (un firmware monolitico definito DQuid Stack) per connettersi fisicamente agli oggetti, interfacciandosi con i loro linguaggi proprietari e scambiare via wireless (ad esempio con tecnologie Bluetooth Classic e Smart, 2G/3G/LTE, NFC) dati con gli oggetti attraverso una “astrazione” fornita agli sviluppatori tramite il nostro SDK disponibile per iOS, Android e Java. Con il nostro SDK connettersi a una automobile è semplice come chiedere “car.connect()” e leggere la temperatura di un frigo come “fridge.temperature”. Una astrazione molto semplice, di uso comune per gli sviluppatori. Non vogliamo obbligare gli sviluppatori a imparare un nuovo linguaggio o a lavorare con l’n-esimo IDE.

Quali sono i mercati di riferimento della vostra proposta? Aziende costruttrici e sviluppatori o anche utenti finali? Il campo principale d’utilizzo è la prototipazione o questa tecnologia può essere sfruttata anche per la realizzazione di dispositivi e app d’uso immediato?
La tecnologia DQuid attraversa tutti i settori. Anzi: nell’interazione tra i settori si vedono i casi d’uso più interessanti (ad esempio tra un’auto e la casa e le sue automazioni). Il target della tecnologia sono sia aziende che maker, designer e developer anche individuali oppure organizzati in piccole o medie aziende. Proprio per questi ultimi abbiamo creato una linea di prodotti, DQuid IO, per creare in modo molto rapido oggetti connessi, con un approccio super-semplice: plug, tag & share.

Plug, significa connettere fisicamente il DQuid IO con l’oggetto che si vuole connettere. Tag, significa creare la sua identità digitale, ovvero nome (ad esempio “car”), proprietà (“car.speed”) e metodi (“car.start()”), che verranno poi usati dagli sviluppatori per interagire con gli oggetti. Share: l’oggetto creato compare sulla mappa e da questo momento ogni sviluppatore può scaricare il nostro SDK, le classi dell’oggetto appena connesso e sviluppare una applicazione connessa anche se non ha mai visto prima l’oggetto o non ne conosce la struttura interna.
Il tutto fatto visualmente dall’app DQuid, in uscita a brevissimo.

Una domanda che potrebbe interessare i nostri lettori sviluppatori e imprenditori: in che modo generate ricavi dalla tecnologia DQuid?
SDK è gratuito, chiediamo a nostri clienti una royalty per l’uso dei nostri asset incorporati nei prodotti e abbiamo un modello freemium sull’uso delle API, sul modello di Google Places.

Quali sono i vantaggi della tecnologia DQuid rispetto ad altre soluzioni presenti sul mercato?
Abbiamo definito un nuovo paradigma di lavoro per Internet of Things: quello del fast & lean product development. Un prototipo creato con tecnologie DQuid, e in particolare con DQuid IO, non è throw-away, ovvero non si butta via quando si deve passare alla fase di produzione. DQuid lavora con i migliori costruttori internazionali di tecnologie per l’IoT per fornire ai propri clienti sistemi industry-grade e scalabili che, con un SDK unificato per tutti i prodotti e i settori, permette a una vasta audience di developer di proporre contenuti connessi in modo agile.
Un altro vantaggio è l’enorme portfolio di tecnologie wired e wireless a disposizione per connettere praticamente qualsiasi oggetto. E se un oggetto e il suo linguaggio non sono in libreria, creare un driver è questione di pochissimi giorni.

Collaborate anche direttamente con aziende costruttrici?
Sì, in vari settori: automotive, home automation, macchine agricole e altri.

DQuid deveolpment kitOltre all’SDK compatibile con iOS, leggiamo nel vostro profilo che sviluppate anche per CarPlay. Che importanza ha nella vostra attività l’ecosistema Apple e che ne pensate di esso?
DQuid ha iniziato a lavorare su Internet of Things nel 2009, anno in cui Apple ha aperto iPhone alla comunicazione dati con oggetti esterni. Da allora DQuid ha implementato in maniera proprietaria tutti i framework Apple MFi: iAP, iAP2, CarPlay e stiamo lavorando su HomeKit. Come detto prima, reputiamo Apple CarPlay il sistema di riferimento per IoT e siamo molto orgogliosi di avere questa tecnologia disponibile tra i primi al mondo nella nostra offerta per componentisti e costruttori auto. Non lavoriamo però solamente su Apple: stiamo seguendo con attenzione le tecnologie Android per le auto e smart home e già ora forniamo il nostro SDK di base anche per Android.

Sappiamo che avete siglato un accordo di commercializzazione con Graphiland per l’Italia: vendete e operate anche all’estero?
Sì, abbiamo aperto quest’anno una sede a Sunnyvale, nel cuore della Silicon Valley. Crediamo che l’ecosistema Internet of Things non abbia confini settoriali, né nazionali e vogliamo approfittare delle opportunità interessanti della globalizzazione. Si può essere una piccola azienda, ma al contempo lavorare in un contesto internazionale che anzi diventa l’unica dimensione possibile per poter affermare le proprie tecnologie a livello globale.

Potete dirci qualcosa riguardo a progetti o sviluppi futuri della piattaforma DQuid?
Certo: ora stiamo lavorando molto sulla chiusura della app ufficiale DQuid, che sarà una vera sorpresa per le modalità innovative con cui presenterà alla community gli oggetti connessi disponibili. Nell’ultimo periodo dell’anno abbiamo anche in cantiere una versione dell’SDK basata su JavaScript che porterà al rilascio di alcune parti della tecnologie in open source.

(Applicando n°342)

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